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L’intervento dell’Ambasciatore di Grecia alla presentazione del libro “Essere Greco: Tra identità culturale e cittadinanza europea”

Tuesday, 19 April 2016

L’intervento dell’Ambasciatore di Grecia Themistoklis Demiris alla presentazione del libro di Athanasia Andriopoulou “Essere Greco: Tra identità culturale e cittadinanza europea”, il 15 aprile 2016.

Sì. Siamo tutti qualcosa. E insistiamo che “siamo” tutto quello  che diciamo di essere. Altri, naturalmente, dicono che non siamo ciò che pensiamo di essere, o vogliamo essere. Ma  più importante di ciò che “siamo”,  non si può essere  quello che “facciamo”?  E forse ciò che “facciamo” dipende da ciò che “abbiamo”. Quindi  finalmente  “siamo quello che abbiamo”.  Sono tutte queste cose che abbiamo, che alla fine ci determinano  principalmente.

Noi  greci, come tutti gli altri, abbiamo diverse cose che ci definiscono: Il nostro passato. La nostra religione. La nostra lingua. La nostra cultura. Ma anche altre cose che non creano identità    ma mentalità: Le nostre montagne, le nostre coste, il nostro clima.

Su queste cose è stata  formata  la nostra “diversità”, su queste cose sono stati  costruiti  i nostri "miti nazionali", che in modo significativo, non sono  stati fabbricati artificialmente  da zero,  o imposti, ma piuttosto sono stati  il frutto   di una elaborazione teorica,  scientifica e politica, delle  percezioni  e stili di vita che hanno caratterizzato la regione per secoli, e si sono stati sviluppati, o sono mutati, ma non si sono persi mai.

I nomi possono  differire:  greci, romani-rum, Ionici- yunan, ellenes , ma non e stato mai messo  in dubbio,  da noi e dagli altri, questo senso d’ appartenenza ad  un gruppo distinto,ma  unito, e relativamente omogeneo,  di persone  che sentivano una  affinità tra loro, anche se hanno vissuto,  per secoli ,separatamente in Attica, nel Ponto o Caucaso , o ad Alessandria d'Egitto.

L'identità nazionale, come una  consapevole ricerca  dei elementi che ci distinguono dagli “altri”, è una identità “nuova”. Per  il passaggio dalla “obbedienza” degli abitanti   ad un  “sovrano”, alla devozione di un “cittadino” responsabile ad una  “patria”, sono stati necessari  tutti i cambiamenti di mentalità  che sono stati portati  da   correnti ideologiche, o filosofiche,   come l'Illuminismo e il Romanticismo. La formazione dell'identità nazionale era un prerequisito per passare agli  stati nazionali  del  settecento  e di oggi.

Per  la Grecia, occupata dagli ottomani, formare un'identità nazionale, sulla base del patrimonio antico (presente sul suo territorio e ammirato dai locali  e stranieri per lo più), e sulla  base della fede cristiana, (che la separava  dalle forze occupanti) , è stata un’ evoluzione naturale della storia. Ma “naturale”, non vuol dire “facile”.

Come e noto chiaramente nel libro della signora  Andriopoulou,  fin dall'inizio, ed in risposta ad una richiesta romantica, da un’ Occidente che, in ogni caso, era già cristiana, l'enfasi è stata attribuita alla parte antica dell'identità greca, la parte  presunta più  brillante, avendo come conseguenza la  degradazione  del patrimonio bizantino, con tutto ciò che questo comportava,  in relazione con la  conoscenza  di sé, e le relazioni con la periferia del paese.

Ma,  considerare se stesso come  erede di un patrimonio  brillante può portare anche altri   effetti negativi collaterali. A volte si  pensia che tutti gli altri ti devono. O  si è sempre pronti a dare la colpa agli altri, per tutto che ti accade,  ignorando le proprie responsabilità. O si costruisce arroganza,  non giustificata dalla tua reale dimensione. O si ha  una  tendenza a  sottovalutare  altri popoli e culture  considerandoli  inferiori.

Ma penso che tra storia antica e tradizione cristiana ortodossa presto è stato raggiunto un equilibrio. La  costituzione e  molti leggi garantiscono la posizione privilegiata nel ortodossa fede cristiana, le scuole elementari e medie  promuovono egualmente   storia  antica e valori cristiani e la separazione tra chiesa e stato,  è stata spesso  discussa, ma mai fatta.

Per quanto riguarda l'impatto dell’  identità nazionale nei rapporti con gli altri, è vero che il paese, presto,   è riuscito a combinare passi verso  l’  Europa occidentale più sviluppata a cui  voleva assomigliare,  con  forti legami con i vicini dei Balcani ed i paesi del Mediterraneo, a cui l’ uniscono tante cose.

Di conseguenza,  ora   il dibattito sull'identità nazionale dei greci sembra che non si possa  più fare sulla base     dei  termini   storici, etnici, religiosi o diplomatici e guardando indietro. Perché adesso, penso che il problema  è stato risolto nella pratica e, infine, non presenta  nessun interesse  per il  greco medio, che sia  sa  che cosa  è,  sia, semplicemente, considera essere  una cosa, non mette mai  in dubbio  tutte quelle cose che ha  e che  l’ hanno  identificato.

Il dibattito, che secondo me , va  fatto,  è se oggi,  queste   identità nazionali già  stabilizzate nella coscienza comune,  possono  o devono  operare come l’ unico, o anche principale,  criterio per i diritti di un cittadino, in una società moderna.

E credo che questa  sia l'utilità del libro della signora  Andriopoulou, che descrive alcune delle sfide, delle contraddizioni ,  dei percorsi a ritroso,  che ha portato e porta ancora   l'identità nazionale del paese, ma dà enfasi alla distinzione tra identità e  cittadinanza,  ai diritti  civili e diritti  umani, ai modi e alle pratiche  per l’ acquisizione della cittadinanza greca.  È una cosa  di essere “greco”  come  nazione, come origine, o come  cultura, ed è un'altra cosa  di  essere un “cittadino greco” che ha tutti i suoi diritti e naturalmente i rispettivi doveri.

La domanda che sorge spontanea, a volta  direttamente, a volta  indirettamente dal libro, è se una identità nazionale, formulata, con, criteri storici, culturali, etnici, religiosi linguistici, etc,  facilita  o no,  l'esercizio da parte di tutti   dei loro diritti sul territorio greco, facilita l'assimilazione di altri nel cosiddetto  corpo  nazionale, ma  se facilita anche  l’ integrazione regolare   della nazione in  un'entità sovranazionale, come l'Unione Europea.

Credo che in tutti e tre questi settori  sono stati fati già grandi passi in avanti.  Ma la vera domanda e  la grande sfida  è se la tendenza positiva, che  è iniziata, non solo in Grecia, ma anche in altri paesi, possa  essere salvata, sotto la pressione della crisi economica, la crisi dei rifugiati, la crisi del U.E., la crisi  del terrorismo.

Le identità nazionali tradizionali dovrebbero regredire  come criterio per l’ esercizio dei diritti, al fine di costruire al più presto  una cittadinanza europea? O  agirà come un rifugio sicuro contro le minacce che vediamo provenienti da coloro che non hanno la nostra identità? E, infine, le identità nazionali minano o facilitano l'integrazione europea?

Il caso greco non si distingue  dagli altri. Tuttavia può essere significativo. E questo diventa  ovvio con la lettura del  libro. Perché i greci sono un popolo, con una identità nazionale,  che, comunque  sia stata  acquisita , sviluppata , gestita , ha, in ogni caso,  imposto  un onere permanente  nei sui atti   e nella sua  mentalità. Ed inoltre, è un popolo che vive in  una crisi economica,  che dura da sei anni, che ha  spinto alla povertà e disoccupazione,un  enorme percentuale della popolazione e  che ha messo  in discussione valori che si considerano  scontati da sempre . Ed in mezzo ad una  crisi, cosi grande,  riceve un flusso senza precedenti, di profughi, da paesi di una  cultura e religione differenti . Fenomeni cioè,  che mettono in dubbio conquiste stabilite per  anni e creano  riflessi difensivi, conservatori.

E allora, quando questo popolo, nonostante la perdita di fiducia verso le  istituzioni europee e verso la solidarietà europea, ancora, come rivelano i  sondaggi, insiste a sostenere  la visione europea, tutti in Europa possiamo sperare che la tendenza verso un'Europa dei popoli, verso un'Europa di  identità nazionali diverse, ma armoniosamente complementari , verso un Europa dei diritti per tutti, non si fermerà . Può e deve essere adeguata  sotto la luce delle nuove  esperienze , ma continuerà, forse ancora più forte , se la leadership europea avrà la capacita  e il coraggio di trarre   le giuste conclusioni.

Sarà un peccato ed un errore storico,  se  le identità nazionali, soprattutto in questo periodo, saranno usate   come mezzo di  esclusione,   o di trinceramento. Invece essere  greco o italiano o francese può aiutare a capire meglio cosa significa essere  polacco, tedesco o ungherese. Capire ancora che essere, allo stesso tempo, europeo, può garantire  meglio di qualunque   altra cosa,  di continuare ad essere, in futuro,  tute  due insieme :  greco, tedesco o ungherese ed europeo.  E più potente. E più tollerante. E più aperto. E più efficiente . Questa deve essere la logica risposta ai questi tempi difficilissimi.

Non so se l’ ottimismo fa parte dell’ identità nazionale greca. Magari si. Ma la “logica”, parola  greca per eccellenza, ma trasferita in tante altre lingue,  penso che faccia parte integrante dell’ identità e della cultura europea. Speriamo che ancora una volta, questo si rivelerà e  che  la logica, che conduce verso una unione dei popoli, con identità nazionali  distinti, ma perfettamente compatibili , in un mosaico creativo al servizio di tutti,  potrà  prevalere.